Un bambino ha bisogno di essere felice, non il migliore. È questa, la frase emersa durante l’incontro di sabato 9 settembre 2017, “ADHD oggi, uomini di talento domani”, che meglio descrive lo spirito del confronto sui diritti dei bambini cosiddetti “difficili”.
L’ADHD è un disturbo neurobiologico, probabilmente di origine genetica, che si presenta già nell’infanzia, caratterizzato da iperattività, impulsività e disattenzione, conseguenze dell’incapacità dell’individuo di controllare le risposte nei confronti dell’ambiente. Disturbi che spesso persistono anche nella fase adolescenziale e in età adulta e che interessano circa il 6-7% dei minori, 1 studente su 100 fra i 6 e i 18 anni, tre volte di più nei maschi, rispetto alle femmine.
L’incontro di Bologna, organizzato dal gruppo Facebook “Aiutiamo chi ha bisogno. DSA, ADHD”, in collaborazione con la cooperativa sociale Società Dolce, l’associazione Aifod, So.Vite, Momiralelo e col patrocinio del Comune di Bologna, è stato innovativo, perché per la prima volta i bambini hanno raccontato la propria realtà, le paure, i bisogni.
“L’obbiettivo, ambizioso, ma con un bel precedente creato da Gianluca Daffi, docente universitario – spiega Sara Bianchini, ostetrica e parte dell’organizzazione – era di unire famiglie, specialisti e i bambini. È stato un successo. Portare i piccoli con ADHD a parlare di questo problema, ha aperto una strada nuova, quella dell’ascolto e della conoscenza del bambino, che va oltre ai suoi comportamenti bizzarri, o disturbanti.”
È stato toccante, ascoltare dalle loro voci l’emarginazione, l’isolamento, la mancanza di relazioni, ma anche le percosse da parte di una maestra, come ha condiviso una ragazzina della Sardegna. Bambini che per anni si sono sentiti “cattivi”, “stupidi”, o peggio ancora, sono stati oggetto di derisione e violenza, da parte di chi avrebbe dovuto accoglierli e aiutarli a trovare una strada per integrarsi nella classe
“Il problema? È la disinformazione, accompagnata da una scarsa formazione del personale scolastico” continua Bianchini. Perché il luogo in cui il bambino disattento e iperattivo mette in gioco tutte le proprie difficoltà è certamente la scuola.
“Quando un bambino ha l’ADHD – spiega Loredana Casolino, insegnante – si parte da quello che non riesce a fare, da quello che non dovrebbe fare, da quanto non sia opportuno, ma l’incontro ha voluto dimostrare come questi limiti di per sé negativi, grazie all’empatia e ad una mirata formazione dei docenti, possano evolvere in esempi positivi.”
Una mancanza, quella della preparazione dei docenti, sottolineata anche da Evelina Chiocca, coordinatrice per il sostegno scolastico: “La scuola – ha detto Chiocca – nasce come scuola di tutti e deve contemplare e accettare tutti. Dobbiamo formare gli insegnanti, affinché sappiano come gestire comportamenti che non hanno l’obbiettivo di essere disturbanti, ma che nascono da un’oggettiva difficoltà, documentata da una diagnosi clinica.
Rosa Amorevole, presidente del quartiere Santo Stefano, che ha ospitato l’evento, ha concluso: “Nell’ambito del lavoro di comunità cercheremo di creare le giuste sinergie col servizio scuola, affinché si possa costruire l migliore accoglienza per i piccoli allievi”.