In carcere non si corre. Al dormitorio “Beltrame – Sabatucci” non si corre. A volte il passo diventa svelto, la voce concitata, i movimenti leggermente più repentini, ma non si corre. Se si corre è emergenza. Alle 8.09 del 9 marzo ero al telefono con Lucio, il mio responsabile (solo lui, alle alle 8.09!) e mi dirigevo verso l’ingresso del carcere. Prima di tutti. Per capire. Perché da fuori, anche quando hai un piede dentro, capire è complesso, quanto trovare i pezzi e ricomporre il puzzle. Al Beltrame si dice ci siano 120 persone. Quelle accolte. In carcere si dice ci siano 900 detenuti. Quelli ristretti. Ma il Covid mi ha insegnato a contare con più attenzione. In carcere ci sono circa 200 agenti di Polizia penitenziaria, 4 funzionari giuridico pedagogici, il numeroso personale amministrativo, 9 membri dell’equipe di mediazione sul progetto Dimittendi, un flusso di familiari che accede per i colloqui, i volontari ed il personale della scuola: non c’è numero che li rappresenti tutti e con certezza. Al Beltrame siamo 20 operatori, 5 Oss del servizio assistenza domiciliare metropolitano, 5 infermieri del Centro Casa, 1 medico del Dipartimento di Cure primarie 3 Ausiliari della cooperativa Iris, 2 educatori sul budget di salute, 1 educatore domiciliare e più di 100 cittadini che ogni settimana attraversano il centro, col loro bagaglio di sportivi, sarti, contadini e agricoltori, residenti, parrocchiani, artisti e molto altro. E se anche volessimo escluderli, insieme a familiari, volontari e insegnanti, visto che stanno fuori, o meglio stanno in casa, che è un dentro differente, sempre più inclusi sono invece Robel, Fathy, Marco, Driss, Nicola, Mustapha, Alessio, Gabriele, Tommaso, Manuel, Mario, Consolata, Carolina, Fatima, Francesco, Luciano, Sarah, Massimo, Angelo. Ed ancora, Samia, Anida, Natalia, Mosaab, Admir, Fatima e Fatima, operatori, OSS, ausiliari sociali, educatori, antropologi, mediatori, assistenti sociali, psicologi di comunità, pedagogisti, geometri. Noi. Veneto, Puglia, Egitto, Eritrea, Marocco, Lombardia, Algeria, Albania, Moldavia, Campania, Emilia Romagna, Sardegna, Venezuela, Tunisia, Serbia: l’hai voluta la trans-cultura, la trans-professionalità? La preoccupazione oggi attraversa il mondo. Un mondo che sta anche dentro al Beltrame e al carcere. Alla preoccupazione, noi rispondiamo con tenacia, realismo, a tratti con sconforto, errori, idee, emergenze prima e miglioramenti poi, prospettive offuscate, mascherine homemade, procedure last minute, uno sportello di mediazione a distanza, film di Totò e sfida al giardiniere dell’anno, battute davanti ad un monitor che fa il massaggio cardiaco alla relazione, il telefono che suona prima dell’alba e dopo il tramonto, l’ospite con la febbre, la paura del contagio, i cittadini di fuori che ci chiedono come stanno i cittadini di dentro, rendendosi disponibili…a distanza. La cittadinanza è ancora attiva. Tutte e tutti. Lì, nessuno ha fatto un passo indietro. Nessuno corre. Ciascuno di noi in un frangente ha vacillato, certo. Per poi riprendere, di slancio, insieme.
Annamaria, coordinatore
Centro di accoglienza per persone senza dimora “Beltrame-Sabatucci”, Bologna