La cooperativa sociale Società Dolce incontra i lavoratori
L’assemblea annuale della cooperativa sociale Società Dolce si è tenuta giovedì 21 aprile, introdotta da un seminario di approfondimento dal titolo “La nostra busta arancione”, dove si è discusso su cosa significhi oggi fare impresa nel sociale, ma anche quali siano le aspettative dei lavoratori.
L’incontro è stato moderato dal presidente Pietro Segata, che ha sottolineato come il valore delle prestazioni si rifletta sul lavoratore, in un’ottica di lungimiranza, guardando al momento in cui si uscirà dal mondo del lavoro, magari in una condizione di non autosufficienza. E se è vero che è lo Stato a rispondere al bisogno sanitario, in un’ottica universalistica, oggi questo avviene dopo lunghe attese.
L’assistenza sanitaria integrativa risponde all’esigenza di tempestività. Società Dolce può garantire un piano sanitario efficace, che può essere esteso ai familiari, aspetto migliorativo e non previsto dal contratto nazionale. Una scelta non calata dall’alto, ma emersa dall’indagine campionaria online e telefonica, condotta da SWG, azienda triestina con trentennale esperienza nelle ricerche di mercato e di opinione, che ha coinvolto 500 soci e ha permesso di definire proposte di favore, condivise con la base sociale.
Rado Fonda, direttore di Ricerca SWG SpA, ha illustrato come le posizioni e le attese dei soci-dipendenti nei confronti del nuovo regolamento interno della cooperativa, riguardino il piano economico: in primis il ristorno, le pensioni e l’assistenza sanitaria integrative, la conciliazione famiglia e lavoro.
Giuliano Cazzola, docente di Diritto del lavoro Uniecampus, ha affrontato il tema del patto intergenerazionale, che sta alla base del sistema previdenziale in Italia. Un argomento attuale, laddove i 22 milioni di pensioni erogate sono finanziate dai contribuenti di oggi e onorano gli impegni presi con la generazione precedente, ma che non reggerà, di fronte a come si lavora oggi, rispetto a ieri. La riflessione si focalizza su cosa accadrà, se viene introdotto il sistema di capitalizzazione, al posto di quello di ripartizione. Chi lo gestirà? Una proposta emersa per garantire una pensione congruente all‘attuale tenore di vita, potrebbe essere quella dello storno da parte del lavoratore della sua aliquota obbligatoria, da collocare in una previdenza privata, ad integrazione di quella previdenziale.
Federico Spiniello, direttore generale di Cooperlavoro, cui Società Dolce aderisce, ha illustrato il fondo pensione quale soluzione volontaria. Su 70.000 iscritti, 30.000 appartengono a cooperative sociali e la principale fonte di finanziamento integrativa è il TFR, cui si aggiunge il contributo del lavoratore e quello del datore di lavoro.
Con la crisi del welfare, la sanità integrativa è uno degli interventi più graditi e richiesti dai lavoratori. Attiva già da qualche anno a carico di Società Dolce, con una copertura di base, l’assistenza con Faremutua, società di mutuo soccorso, è stata invece raccontata dal presidente, Marco Gaiba. L’obiettivo era di raggiungere le 8.000 adesioni, ampiamente superato dal traguardo egli attuali 14.000 iscritti, aderenti a 150 imprese.
Come soggetto assicurativo, Faremutua si avvale di Unisalute, in un’ottica di mutualità rispondente ai principi statutari. Viviana Verdi ha descritto il piano sanitario dedicato a Società Dolce, ampliato rispetto a quello base, con una diaria in caso di ricovero in istituto di cura, sia pubblico, che privato e un’accurata prevenzione, sia per la donna, che per l’uomo, attraverso screening gratuiti e programmati. E, con una piccola aggiunta, il socio può estendere la polizza ai propri familiari. A sua volta, Società Dolce è protagonista nell’erogazione delle prestazioni assistenziali.
Dietro all’impresa, ci sono i lavoratori. Negli ultimi anni, Società Dolce ha puntato sulla valorizzazione dei soci, oggi circa 3.300, base e al tempo stesso valore dell’azienda. Come? Attraverso l’ascolto, con un’attenzione alla realtà, capace d’incidere fortemente sull’evoluzione della cooperativa e la partecipazione, riconoscendo anche un incentivo economico per chi prende parte alle iniziative promosse dall’azienda. Dell’importanza del socio lavoratore nell’impresa cooperativa ha parlato Antonio Rossi, avvocato e docente universitario, promuovendo tra i partecipanti consapevolezza e competenze sul ruolo: “Oltre 3.000 posti di lavoro sono già un valore sociale” ha affermato Rossi. E nessuno lo può smentire.
PUBBLICATO IL 22/04/2016