Provare a misurare a livello globale la quantità di dispositivi di protezione individuale che ogni giorno finiscono smaltiti negli inceneritori come rifiuti speciali, è preoccupante. Ogni settimana, solo gli operatori di Società Dolce utilizzano 10mila mascherine chirurgiche e 2mila FPP2.
L’inquinamento ambientale è una conseguenza del Covid-19 di cui si parla poco, ma che su tempi lunghi rischia di arrecare un ulteriore danno alle nostre vite e alla nostra salute.
L’occasione per valutare una soluzione alternativa è arrivata con una donazione di 1.400 mascherine lavabili, in tessuto non tessuto, donate alla cooperativa dalla Sartoria San Lazzaro, dell’omonimo comune alle porte di Bologna.
Le oltre 120 sartine dell’atelier di abiti da sposo e da sposa, tra i 20 e i 90 anni, non hanno esitato a donare parte del proprio tempo alla produzione volontaristica di mascherine testate e idonee a proteggere. Oltre a Società Dolce, i dispositivi arrivano anche ad ospedali, case di riposo per anziani, forze dell’ordine. Una richiesta che ogni giorno aumenta, tanto da avere favorito la nascita di quello che oggi è conosciuto come il Movimento delle Sartine.
Dietro all’idea di Andrea Padovan e Jessica Faccini, titolari dell’atelier, c’è un grande dolore: la recente scomparsa del padre di Padovan, affetto da patologie pregresse, per Covid-19. Un modo straordinario per ricordarlo.
“Ringraziamo sentitamente i titolari e le sarte della Sartoria San Lazzaro – ha detto Pietro Segata, presidente di Società Dolce – perché grazie a loro, anche le persone più povere e fragili, come i senza dimora, possono proteggere se stessi e gli altri. La donazione è stata apprezzata e accolta con riconoscenza”.
A sostegno dell’attività del Movimento delle Sartine, è partita una raccolta fondi attraverso il crowdfunding: per ogni euro donato, si contribuirà a donare una mascherina a chi ne ha bisogno.
PUBBLICATO IL 06/05/2020