20/04/2020
Se è indubbio che la ‘fase 2’ del mondo produttivo debba viaggiare su corsie celeri e preferenziali è altrettanto vero che una ‘fase 2’ armonica e ben congegnata non può prescindere dalla sistematizzazione del modello educativo. La nostra intervista a Caterina Segata, responsabile dell’area Infanzia della coop sociale Dolce di Bologna.
Dottoressa Segata che cosa significa, in questo momento, mettere al centro i bisogni dei più piccoli?
“In questa emergenza ‘impensabile’ dobbiamo per prima cosa non dimenticarci dei più piccoli, dei loro bisogni e dei loro diritti. Le famiglie sono entrate in questa crisi con le risorse che avevano e attendono, con straordinaria pazienza, che qualcuno indichi una strada per uscire dall’emergenza e per tornare alla normalità. È urgente indicare questa strada con coraggio e determinazione, mettendo in discussione certezze e consuetudini”.
Laddove c’è la possibilità dello smart working i bambini possono continuare a essere accuditi dai loro genitori. Ma la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro è completamente saltata.
“Metterei un punto interrogativo sulla prima affermazione: è proprio vero che i bambini possono continuare ad essere accuditi se i genitori lavorano in smart working? In realtà è assolutamente vera la seconda affermazione: l’equilibrio tra esigenze lavorative ed esigenze legate alla cura dei figli è saltato. In una situazione di emergenza estrema, e per un tempo breve, questo disequilibrio è possibile reggerlo ma oggi, alla vigilia della ‘fase 2’, non è pensabile non avere un piano nazionale che possa orientare le agenzie educative e la scuola nella ripartenza. Non possiamo affrontare la riapertura delle attività produttive se prima non abbiamo dato una risposta al tema della conciliazione. Vorrei a questo proposito ricordare che è dagli anni Settanta che il modello padre breadwinner e madre casalinga non esiste più in Emilia-Romagna. Non penso tanto a un nuovo modello educativo quanto a soluzioni organizzative e logistiche che consentano ai bambini di uscire di casa ed essere accolti nelle strutture educative e scolastiche con serenità e in sicurezza”.
Qual è la vostra proposta educativa alla luce di questa emergenza?
“Stiamo lavorando sulle soluzioni possibili. Gli interventi educativi domiciliari non si sono mai fermati. Abbiamo continuato a lavorare con le famiglie in condizioni di particolare difficoltà, insieme ai servizi sociali, mentre siamo partiti dall’inizio della sospensione delle scuole in collaborazione con alcune aziende del territorio offrendo una soluzione domiciliare per i genitori che non hanno mai smesso di lavorare. Nei prossimi giorni presenteremo anche la prima proposta di apertura di servizi educativi anche in previsione del periodo estivo”.
I nidi di infanzia sono storicamente un fiore all’occhiello del sistema educativo emiliano-romagnolo. Come immagina la loro “fase 2”?
“I nidi d’infanzia in regione sono un’eccellenza e, nella ‘fase 2′, io li immagino aperti con l’applicazione di tutte le misure di contenimento del virus Covid-19 a oggi conosciute. A mo’ di esempio: screening quotidiano delle condizioni di salute dei bambini e del personale, rapporti numerici educatori/bambini più bassi, maggiore presenza dei collaboratori per una sanificazione continua degli ambienti e dei giochi, pasti mono-porzione”.
Leggi l’intervista sul sito di CONFINDUSTRIA EMILIA AREA CENTRO
PUBBLICATO IL 21/04/2020