Tagli al welfare e rigidità sindacali mettono a rischio la continuità occupazionale delle coop sociali bolognesi. Giampiero Calzolari, Presidente ACI, ha tenuto in mattinata (28 marzo 2013) la Conferenza stampa sullo stato della cooperazione sociale di Bologna ed Imola, alla presenza di tutte le testate giornalistiche cittadine e di oltre 80 cooperatori.
Un appello dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Bologna a Sindacati e Istituzioni a non sottovalutare lo stato di salute della cooperazione sociale per continuare a garantire tenuta occupazionale e servizi ai cittadini.
Comunicato stampa
Bologna 28 marzo 2013. Sono circa cento le cooperative sociali del territorio bolognese aderenti all’Alleanza delle Cooperative Italiane Bologna, coordinamento stabile fra AGCI, Confcooperative e Legacoop Bologna. Danno lavoro a circa 7.600 dipendenti, di cui circa 7.500 soci, e sono pienamente integrate nel sistema di welfare pubblico, nel quale giocano un ruolo di estrema importanza per il volume di servizi svolti: 276 milioni di euro nelle varie aree, dalla gestione dei servizi per il disagio adulti ai nidi, dalle strutture per anziani e l’assistenza domiciliare ai servizi per l’handicap, dal sostegno scolastico all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Questa la fotografia della cooperazione sociale bolognese scattata da Gianpiero Calzolari, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Bologna, durante una conferenza stampa su stato e prospettive della cooperazione sociale, che si è tenuta questa mattina.
Nel 2012 il fatturato delle cooperative sociali è calato a Bologna di oltre il 10%, per l’eliminazione e il ridimensionamento di servizi da parte delle Pubblica Amministrazione, mentre il comparto mantiene complessivamente i volumi solo grazie ad incrementi di fatturato dovuti all’acquisizione di servizi fuori provincia da parte delle cooperative sociali più grandi.
«Purtroppo il territorio di Bologna, a differenza di altri, anche in regione, ci consegna un contesto in cui, per l’anno 2013, l’Asl stima minori risorse per 50 milioni e altrettante il Comune di Bologna (100 milioni complessivi). Questa situazione ci sprona come cooperazione sociale – commenta Gianpiero Calzolari Presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Bologna – a impegnarci per ridefinire i modelli di erogazione dei servizi per renderli sempre più adeguati e rispondenti ai bisogni delle persone, facendoci promotori di servizi sussidiari e di azioni di finanza di progetto per ripensare servizi esistenti o impostare nuove azioni rivolte a bisogni emergenti. E’ evidente però che la continua e drastica erosione dei servizi – un esempio su tutti il servizio di assistenza domiciliare del Comune di Bologna decurtato del 60% dal 2010 ad oggi – ha forti ripercussioni sul piano occupazionale: aumenta il ricorso alla cassa integrazione (nel 2012 ne hanno fatto ricorso quindici cooperative sociali per un totale di circa 900 lavoratori, di cui 550 posizioni legate al sisma di maggio); soci e dipendenti vedono calare vistosamente il loro monte ore lavoro, con il conseguente impoverimento delle buste paga. Le cooperative sociali stanno facendo di tutto per evitare i licenziamenti ma questo sforzo non lo possono più fare da sole».
In questo contesto, si inserisce il confronto in atto con le Organizzazioni Sindacali FP CGIL, UIL F.P.L., CISL FISASCAT e CISL FP Bologna sulla piattaforma provinciale e sulla questione relativa all’erogazione della terza tranche di adeguamento contrattuale.
«Dal settembre dello scorso anno sono stati fatti diversi incontri con le Organizzazioni Sindacali per giungere ad un accordo su una nuova piattaforma provinciale. Abbiamo affrontato con spirito responsabile e costruttivo le richieste pervenuteci, pur ribadendo in premessa che la preoccupazione più grande della cooperazione sociale per il 2013 è il mantenimento della base occupazionale e in molti casi anche la stessa continuità aziendale. Pur condividendo, a parole, il quadro di difficoltà del sistema, i sindacati hanno fatto richieste che, quantificate, vanno ben oltre la marginalità oggi disponibile che nell’ultimo decennio si è praticamente azzerata. La nostra richiesta – prosegue Calzolari – è chiara: in assenza di un accordo unico regionale, raggiunto in altre regioni, chiediamo lo slittamento dell’applicazione della 3° tranche contrattuale, eventualità tra l’altro contemplata dallo stesso CCNL di riferimento, dal momento che né Regione, né altri Enti hanno adeguato le tariffe contrattuali riconosciute alla cooperazione sociale. Tale slittamento permetterebbe alle imprese di avere un po’ di respiro e di assorbire il maggior costo del lavoro quantificato in un aumento di 1,6 punti percentuali. Purtroppo, però – chiosa Calzolari – alla nostra motivata richiesta, finora le organizzazioni sindacali hanno risposto negativamente senza neppure analizzare i dati che determinano le nostre difficoltà, come prevedrebbe invece l’iter contrattuale, assumendo questa posizione politica intransigente su tutti i tavoli provinciali».
«Ci parrebbe più utile, anziché adottare atteggiamenti di incomprensione, se non di provocazione o di voluta sottovalutazione dei problemi, irrobustire un fronte comune che comprenda i sindacati dei lavoratori, le Istituzioni locali, le cooperative sociali e le loro centrali di rappresentanza affinché si allenti il Patto di stabilità e la Pubblica amministrazione inizi a pagare fatture sospese da oltre 250 giorni, a riconoscere l’inflazione Istat dovuta per legge, ad adeguare le tariffe assolutamente incapienti rispetto agli automatismi contrattuali. Insieme dobbiamo provare a determinare una situazione nuova per difendere i servizi, dare ossigeno alle cooperative e affrontare con maggiore serenità i mesi a venire».
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PUBBLICATO IL 28/03/2013